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Origini, costituzione e scopi dell’Istituto Marchigiano di Scienze Lettere ed Arti con sede in Ancona

di Luigi Zoppi, segretario dell’Accademia dal 1959 al 1994

L’Istituto Marchigiano di Scienze, Lettere ed Arti, strenuamente propugnato, ardentemente desiderato, dopo lungo e paziente lavorio, venne ufficialmente solennemente inaugurato il 17 maggio 1925 in pubblica seduta nell’Aula Magna del Palazzo della Provincia di  Ancona, con la partecipazione di S.E. l’On. Prof. Michele Romano, Sottosegretario di Stato per la P.I., in rappresentanza del Governo Nazionale e del Ministro per la P.I., in rappresentanza del Governo Nazionale e del Ministro per la P.I. On. Pietro Fedele, di fronte ad alte Autorità ed a un numeroso, scelto uditorio.
E doveroso ricordare in proposito che della sua costituzione si era occupata, per iniziativa e su proposta del primo socio Prof. Giovanni Crocioni, la Deputazione di Storia Patria per le Marche nelle sedute degli anni 1905 – 1906 – 1907 – 1908 – 1921 – 1922 e 1923, come risulta dal verbale pubblicato nei suoi ”Atti e Memorie”.
In conformità di una deliberazione nell’adunanza del 1922, furono assunti alcuni provvedimenti preliminari nel corso degli anni 1922 – 1923, al fine di precisare ogni azione ed adempimento riguardanti la fondazione dell’Istituto, la sua dotazione e la sua futura attività.
Nella seduta del 6 settembre 1924, decisa definitivamente la costituzione dell’Istituto, con voto favorevole di tutti i soci presenti, con l’adesione e l’approvazione per delega degli assenti, si procedette alla conferma dei soci onorari ed ordinari in precedenza designati ed alla formale compilazione dello Statuto, che venne quindi inoltrato al Ministero della PI. per la prescritta approvazione e per l’erezione dell’Istituto stesso in Ente Morale, che furono entrambi concessi mediante R.D. 1 maggio 1925 n. 780, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 5 giugno 1925 e nel Bollettino Ufficiale del Ministero della P.I. del 15 dicembre 1925 n. 50.
Pertanto, conseguito il riconoscimento legale ed ottenuti i contributi della Provincia, del Comune e della Camera di Commercio di Ancona, ai quali si aggiunsero poi quelli della Provincia di Pesaro-Urbino e di Zara, fu indetta la su menzionata pubblica adunanza solenne del 17 maggio 1925, il cui verbale venne interamente pubblicato nel I volume dei “Rendiconti” del neo Istituto.
Secondo l’elevato ed alato discorso inaugurale pronunciato per l’occasione dal Prof. Crocioni, l’Istituto, benché distinto dell’appellativo di marchigiano, si proponeva, naturalmente, scopi di duplice genere e cioè generale e nazionale gli uni, più propriamente regionale gli altri.
Regionale, egli precisava, e non provinciale e tanto meno cittadino, determinati non dal luogo dove l’Istituto sorgeva, ma dai soci che lo componevano, provenienti, con equo criterio, dalle 4 province e sparpagliati per tutta l’Italia.
Non avrebbe meritato, soggiungeva il Prof. Crocioni, il favore con cui era stato accolto e non avrebbe meritato di vivere se non avesse mirato ad accrescere e favorire la scienza, l’arte e le ricchezze nazionali, creando qui un nuovo focolare che rispondesse dalle Marche ai richiami degli altri Istituti, che aggiungesse a quelli degli altri i contributi dei letterati, degli scienziati e degli artisti marchigiani, il che costituiva uno scopo così alto e, al tempo stesso, così naturale, che splendeva “ipso iure” per il solo fatto di nascere in Italia, sulla fronte di ogni Istituto.
Ma, a suo avviso, non meno naturale era che, sorgendo nelle Marche, l’Istituto si proponesse un programma prevalentemente marchigiano, anche perché troppo restava da fare per questa regione, che aveva ancora da svelare il proprio passato, che formava il terreno da cui germogliava ora per ora il suo avvenire, in quanto la tradizione racchiudeva una forza immensa del divenire perpetuo.
Le Marche, sosteneva il Prof. Crocioni, dovevano imporre le considerazioni dei suoi uomini maggiori e migliori e dei più importanti avvenimenti, dovevano spezzare le indifferenze e l’incuria dei forestieri, dovevano impostare le loro questioni ed affrontare la soluzione dei loro problemi, così in rapporto alle altre regioni, come in confronto della nazione.
Gravemente pesava, ad avviso dell’oratore, non tanto la leggerezza con cui venivano appresi e giudicati, in rapporto alla intera nazione, gli avvenimenti più segnalati e gli uomini più insigni della nostra terra, la incuria, anzi il disconoscimento del punto a cui erano pervenute o si erano arrestate le più vitali questioni della vita regionale e, peggio ancora, degli svolgimenti ulteriori di situazioni che attendevano la risoluzione definitiva.
Doveva provvedere quindi l’Istituto a lumeggiare tali situazioni culturali e scolastiche, agricole e marinare, industriali e commerciali, così nel rispetto della regione come in rapporto alla nazione, usando il conseguimento dei suoi fini, la parola scritta e parlata, le adunanze e le pubblicazioni, la propaganda varia, ma dignitosa e, mezzo più di ogni altro efficace, i concorsi.
Evidenziato poi che l’Istituto si proponeva scopi più agevoli in apparenza e meno fruttuosi ma, in effetti, più ardui e, a lungo andare, più vantaggiosi, soggiungeva che intendeva altresì disperdere e distruggere nefaste attività diventate natura, corrodenti le più propizie disposizioni dei marchigiani e cioè l’individualismo angusto e sfiduciato, l’affermazione piuttosto retorica che realistica delle comuni idealità, una certa grettezza di norme sociali diventata anche un’eccessiva tendenza alla critica disaminatrice eri infeconda.
Il Prof. Crocioni assicurava inoltre che l’Istituto avrebbe procurato, soprattutto ed innanzi tutto, di trasformare le vecchie memorie tradizionali, formate dai ricordi storici leggendari, di concetti abusati e eli frasi fatte e di convertirle in una coscienza nuova di lavoro, di iniziativa, di ardimento, di propositi.
Egli rilevava anche che allora nelle Marche mancavano i mezzi idonei di ragionevole propaganda, tra i quali indicava un organismo grandemente autorevole che parlasse davvero in loro nome; una grande Rivista o altre pubblicazioni periodiche di Amministrazioni o di Istituti che agitassero i loro più gravi problemi, un grande giornale che portasse per tutta la nazione l’eco della vita regionale, libri fidati ed autorevoli sulla storia, sull’arte, sulla geografia della regione; le “Guide” delle scuole elementari, le “Cronache” delle Marche e spesso anche gli “Annuari” delle Università, convenendo infine che a tutto ciò occorreva un rimedio.
Toccando brevemente un notevole e delicato argomento, il Prof. Crocioni affermava che troppo lo avrebbe addolorato se qualcuno avesse temuto, ascoltando la sua rapida esposizione, che il nuovo Istituto potesse convertirsi in una nuova “Accademia”, in una officina di vane parole più che in strumento di progresso civile.
Chiarito il suo alto concetto sulle prerogative delle vecchie Accademie, egli specificava che l’Istituto aveva con quelle comuni il raccostamento di uomini vicini e lontani collegati da comunanza di studi e di origine, la difesa dei diritti dei propri paesi, la mira a scopi morali e materiali al tempo stesso e la stessa universalità degli intenti.
Infatti la mira precipua dell’Istituto, a suo dire, era quella di abbracciare gli scopi più disparati, nell’unico intento di piegare la conoscenza del passato a quella del presente ai medesimi fini, senza proporsi i quali ogni indagine ed ogni fatica sarebbe stata infruttuosa o quasi incredibile.
Fatta una profonda disquisizione sulla universalità dell’Istituto, egli chiudeva l’argomento, supponendo che nessuna meraviglia potesse sussistere se, sorto con il proposito di approfondire ogni aspetto della natura e dell’attività umana, sia pure limitata dai confini di una regione, dalla pochezza dei mezzi, dalla umana debolezza, l’Istituto si sarebbe affermato con carattere universale e avrebbe abbracciato la scienza, le lettere e le arti perché solo così avrebbe potuto affrontare i problemi più complessi e più disparati, rispondere alle speranze di tutti i marchigiani. Avviandosi al termine del suo ispirato discorso, il Prof. Crocioni suggeriva i fini da conseguire dall’Istituto, che allora si inseriva tra i molti consimili d’Italia e che era un organismo vivo ed operoso, pieno di giovinezza e di ardore, combusto da uomini egregi, volti a scienze ed arti diverse, ma concordi nell’amore alle Marche.
E, tra l’altro, sottolineava che, se si pensava che esso sorgeva per combattere la persistente apatia ed a spronare le latenti energie e ad additare le vie del suo naturale sviluppo, allora balzava limpida agli occhi di tutti la ragione della sua nascita, l’importanza della sua funzione.
Egli concludeva la sua eccelsa ed esauriente orazione, di cui si sono sopra sintetizzate le parti essenziali, con la seguente scultorea, integrale perorazione: “Consegnandolo ai marchigiani, noi diciamo loro: Questo è il vostro presidio. Perché esso tuteli i vostri interessi e il vostro decoro, tutelatelo, perché esso diffonda l’eco del vostro lavoro ed il grido dei vostri bisogni, perché propugni e consegua la soluzione dei vostri problemi, sostenetelo, rafforzatelo, d’ora innanzi la vostra storia si intreccerà con quella dell’Istituto; la sua floridezza sarà la floridezza vostra. In giorni di generale rinnovamento, sarà fortuna grande esservi data una guida, esservi prefissa una meta. Proponiamoci, tutti di un animo solo, di sostenerlo con tutte le forze, riscaldarlo con il vostro affetto, affinché ci guidi costantemente verso la meta luminosa che la nostra tradizione ci addita!”.
Così il Prof. Crocioni che, per unanime volontà dei soci, ricoprì meritatamente la carica di Presidente dell’Istituto dal 1925 al 1953, terminava il suo solenne discorso, le cui austere e meditate parole di chiusura, costituivano e costituirono un monito ed un auspicio anzitutto per i Presidenti, che dopo di Lui si sono susseguiti elettivamente nella carica stessa e che “mutatis mutandis” si sono fattivamente adoperati e prodigati per condividerne ed osservarne gli intenti ed il significato, in stretta collaborazione e con il valido apporto dei componenti le cariche accademiche, dei più solerti collaboratori e dei soci in generale.

L’Istituto, attualmente denominato Accademia Marchigiana di Scienze, Lettere ed Arti, nei suoi 75 anni di vita, in base ai su ricordati indirizzi, scopi e programmi del proprio primo Presidente ed a seguito dell’intraprendenza, dell’azione e del fermo proposito dei suoi successori, ha raggiunto, con successo, nel tempo un elevato livello ed un ampio credito nei campi culturale, intellettuale e sociale anche mediante le molteplici, ragguardevoli iniziative assunte, gli emblematici convegni organizzati, le qualificate, interessanti pubblicazioni edite ed i compiti istituzionali validamente assolti, tanto da potersi assidero, per alti, innumerevoli riconoscimenti, tra i maggiori, più attivi e rinomati sodalizi del suo genere in Italia.

Articolo pubblicato su “L’Accademia Marchigiana di Scienze Lettere ed Arti dal 1925 al 2000 nel settantacinquennio dalla sua costituzione” (Ancona, 2000)